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“Il Mundial dimenticato”: il film sul Mondiale di Calcio del 1942

Film documentario italiano del 2011 scritto e diretto da Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni. È stato presentato al Festival di Venezia 2011 ed al Bari International Film Festival, dove ha ricevuto una menzione speciale ed è stato distribuito nelle sale italiane il 1º giugno 2012. Trae ispirazione da alcune pagine de “Il figlio di Butch Cassidy”, racconto di Osvaldo Soriano. Grazie a lunghi anni di paziente lavoro, muovendosi in una zona d’ombra della storia del calcio e della Storia del XX secolo, in bilico fra lo stile rigoroso del documentario e lo spirito del cinema, il film racconta le vicende del campionato Mondiale di Calcio del 1942, mai riconosciuto dagli organi ufficiali dello sport, rimasto per decenni avvolto nella leggenda senza che se ne conoscesse il vincitore. Il recente ritrovamento di uno “scheletro con la macchina da presa”, in mezzo ai dinosauri fossili della Patagonia Argentina, fornisce la tessera mancante per ricomporre finalmente il mosaico disperso del Mundial dimenticato. Come affermato dallo stesso Lorenzo Garzella, “il film lascia allo spettatore il compito di stabilire dov’è il confine fra la memoria e la leggenda, fra la realtà e l’invenzione”. A Tribunascoperta ho l’onore di ospitare per un’intervista uno dei due registi di questo film che sta riscuotendo grande successo a livello nazionale e internazionale: Filippo Macelloni.

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Qual è stato l’input che ha portato lei e Lorenzo Garzella a realizzare un film dal libro di Osvaldo Soriano “Il figlio di Bucth Cassidy”?

F.M.:”Lorenzo e Io abbiamo spesso lavorato su soggetti “calcistici”, sia seri e istituzionali in documentari e programmi per la tv, home video ecc, che sgangherati, letterari e romantici come è successo ad esempio nei nostri corti “la barriera” e “massima punizione”. Quando abbiamo letto il racconto di Soriano (che in realtà è un racconto breve, circa 10 pagine in tutto, che è stato pubblicato in Italia nelle collane “Fùtbol” e “Pensare con i piedi”) ci si sono accese parecchie lampadine. Ci è sembrato da subito un soggetto meraviglioso e aperto, pieno di spunti per costruirci intorno una storia che è diventata piena di altre storie, alcune raccontate con più dettagli altre solo accennate. Ci abbiamo messo dentro le nostre passioni, dal cinema alla fotografia, dai viaggi alla storia, alla letteratura. E naturalmente il calcio.
Il film è pieno di citazioni e omaggi a personaggi e momenti/episodi diversi della storia del calcio: il “gol dello scorpione”, la moviola in campo (pionieristica e poco tecnologica…), il rigore di seconda, il “salto della rana”, il portiere ipnotizzatore, i centravanti con gli occhiali, l’arbitro con la pistola…”.

Quali archivi storici avete consultato per trovare del materiale che aiutasse la finzione ad assumere la forma del reale? E quanto tempo è durata la ricerca?

F.M.: “E’ stata un lavoro lungo, almeno due anni cercando negli archivi e contemporaneamente scrivendo la sceneggiatura. Abbiamo cercato negli archivi in giro per il mondo (argentini e italiani soprattutto) immagini che servissero a raccontare la nostra storia, da spezzoni di partite d’epoca al pubblico sugli spalti, al contesto della Patagonia degli anni 30-40. Nella ricerca ci siamo imbattuti in spezzoni molto belli e divertenti, come il “manuale del fair play” inserito in un cinegiornale argentino, che abbiamo inserito nel film cambiando la sceneggiatura. Sarebbe stato un peccato non usarli.
Gli archivi li abbiamo usati sia per rendere più “credibile” la storia sia per questioni di budget, riducendo al minimo le partite da ricostruire con la messa in scena, che è una cosa abbastanza costosa e complicata, dalla scenografia alle squadre, dalle divise ai palloni. E soprattutto nel simulare il modo di giocare dell’epoca che è piuttosto diverso da quello di oggi, e guardando gli archivi ce ne accorgiamo subito. Gli attori-giocatori che abbiamo ingaggiato dopo 20 minuti con le scarpette d’epoca avevano le vesciche ai piedi… Era veramente un’altra cosa giocare a calcio in quegli anni”.

Com’è stato lavorare in un “buco nero” della storia del calcio mondiale?

F.M.: “Diciamo che collocare ll nostre vicende in quell’epoca, e in quei luoghi ci ha consentito una grande libertà. Perfino uno dei più grandi esperti di Patagonia, Osvaldo Bayer che compare anche nel film, non sa esattamente cosa succedeva in quell’epoca nel nord della Patagonia. La storia del calcio europeo in effetti si interrompe di fatto dopo i mondiali del 38, nonostante si continuassero a organizzare partite tra nazionali e Rimet cercasse disperatamente un paese dove giocare il mondiali. Il presidente della FIFA, che allora era un’organizzazione piccola e senza troppi mezzi (curioso da immaginare oggi…) fece un viaggio in Argentina, Uruguay e Brasile nel 1939, dove il calcio viveva un momento di grande splendore, ma non riuscì nel suo intento e con la guerra tutto fu sospeso fino ai mondiali del 1950 in Brasile. In un momento e in un luogo del genere è più facile collocare le vicende di squadre nazionali più o meno ufficiali, giocatori fuoriclasse dimenticati e partite leggendarie. All’inizio del film Jorge Valdano dice una frase che a noi piace molto: “Il mito è legato al mistero. Al giorno d’oggi, in cui il gioco è ripreso da tutte le angolazioni e raccontata con tante immagini è più difficile trasformare una partita in leggenda”.”

La presenza di rappresentanti del calcio moderno come Baggio, Lineker e Valdano è servita per dare credibilità alla storia?

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F.M.: “Ci servivano dei “complici” nel mondo del calcio reale, e più erano noti e internazionali, più il film avrebbe avuto credibilità e il gioco avrebbe funzionato meglio. Per stare in equilibrio tra la forma di un documentario classico e le vicende surreali che raccontiamo è importante che ci siano dei volti noti e credibili. Abbiamo cercato personaggi credibili, autorevoli e in qualche modo “in sintonia” con il progetto. Contemporaneamente al film abbiamo girato un documentario (vero questa volta) sulle vicende della Coppa Rimet, che sono altrettanto incredibili, furti ritrovamenti e sfide tra un paese e l’altro degne di una spy story internazionale, e molte interviste le abbiamo girate per entrambi i progetti.”

Ha appreso della proposta-provocazione che Survival ha lanciato alla FIFA: “Organizzate in Patagonia il Mondiale del 2026, per portare l’attenzione del mondo i diritti dimenticati degli Indios”? Come l’ha interpretata?

F.M.: “Per il lancio del film (fine maggio 2012) è stata fatta una campagna “virale” con una serie di provocazioni sull’esistenza del mondiale del 42 e Survival ha voluto partecipare al gioco, sfruttando l’occasione per far sentire la propria voce a proposito delle vicende che riguardano il popolo mapuche. E’ un tema che ovviamente ci sta a cuore e che abbiamo, tra le tante altre cose, inserito nel film, dove i Mapuche addirittura lottano per la conquista della coppa del mondo. La prossima settimana (giovedì 15 novembre) siamo stati invitati a partecipare con il film al Festival dei Diritti Umani di Napoli, e questo ci fa molto piacere.”

Filippo Macelloni sarà al Macro di Roma martedì 13 novembre per il ciclo di conferenze: “L’Italia nel pallone”(vedi link sotto)

TRAILER DE” IL MUNDIAL DIMENTICATO”

Per chi vuole saperne d più:

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