Un giorno di luglio, vent’anni dopo

Due date. Il 13 luglio 1998 e il 10 luglio 2018. All’apparenza non possono dire nulla e non hanno niente a che vedere l’una con l’altra ma sono legate da un filo indissolubile che crea emozioni per chi è appassionato di calcio come Stefano. La prima si riferisce al giorno successivo alla finale della Coppa del Mondo in Francia, quando i padroni di casa strapazzarono il Brasile per 3-0, mentre la seconda è la data dell’annuncio del trasferimento di Cristiano Ronaldo alla Juventus.

In occasione della prima Stefano pianse tanto, pianse di nascosto, come non gli era mai capitato per il calcio: aveva visto in tv le immagini di Ronaldo, il brasiliano, scendere le scalette dell’aereo di ritorno da Parigi in un modo terribile e si era ricordato delle frasi che il telecronista della Rai aveva pronunciato prima dell’atto finale del Mondiale “stanotte ha avuto un malore ma giocherà lo stesso dall’inizio”. Il suo calciatore preferito, quello di cui si era fatto comprare la maglietta “tarocca”, aveva mancato l’appuntamento più importante dell’anno dopo Juventus-Inter, quella del rigore etc etc: non ci aveva fatto caso subito durante la gara ma quando ha visto quei frame ha temuto il peggio per il suo idolo e per non farsi vedere triste è andato a chiudersi in bagno. Da quel momento ha deciso che voleva capire il perché un calciatore debba rischiare la vita per una partita di calcio invece di provare a regalare gioia a chi lo guarda. Suo padre quando vedeva le partite gli diceva “Sté, io non ho mai visto nulla del genere” e anche per questo motivo aveva deciso che sarebbe diventato tifoso di ogni squadra in cui Ronaldo avesse giocato, senza distinzione di colori, nazioni et similia.

Dopo vent’anni, giorno più giorno meno, Stefano ha visto sbarcare in Serie A un altro fuoriclasse di quel livello, uno di quei calciatori che possono cambiare le sorti di una squadra e l’operazione ha un suo importante risvolto dal punto di vista tecnico ma, soprattutto, dal punto di vista percettivo nella società. Stefano legge delle lamentele degli operai FCA e delle polemiche per lo stipendio di questo signore che “deve solo tirare quattro calci ad un pallone”. Anche il suo modo di approcciarsi al mondo del calcio è cambiato ma, proprio come quando arrivò il brasiliano all’Inter, si rende conto che quanto avvenuto pochi giorni prima è un momento epocale per tutti, ma soprattutto nell’immaginario di chi guarda il calcio con più purezza, ovvero i bambini.

Proprio come quando arrivò il Fenomeno, sono i più piccoli ad essere travolti dalla notizia ma, rispetto a tanti anni fa, quando non vi era questa grande diffusione di news, i social network erano un qualcosa di inimmaginabile e qualche piccolo approfondimento si scorgeva da giornaletti settoriali che non sempre l’edicolante di fiducia faceva arrivare; lo sbarco del portoghese ha monopolizzato tv, giornali e Internet per interi giorni fino alla presentazione e, nonostante il modo di approcciarsi all’evento è totalmente differente, la trepidazione e l’emozione è pressoché la stessa. A distanza di poche ore i ragazzini che giocano in strada iniziano a indossare le maglie del loro nuovo idolo e nell’attimo dopo il goal ecco l’imitazione dell’esultanza. Un classico. Due decenni dopo le braccia larghe con gli indici distesi ecco il saltello con il “siiuuu” dopo l’atterraggio.

Nei giorni che precedono l’inizio del campionato 2018/2019 Stefano è a Budapest e mentre si dirige verso Buda, all’imbocco di Váci utca, vede davanti a sé un giovanissimo turista con la maglia Juventus numero 7 e con il nome “Ronaldo”. Nonostante i bagordi della notte precedente, in quel momento il suo sorriso si apre a tal punto che la sua compagna di viaggio gli chiede quale sia il motivo di tanta felicità dato che fino a qualche minuto prima si era lamentato della sveglia. La sua risposta fu apparentemente scontata ma molto naturale: “Il calcio è dei bambini e questa cosa nessuno la potrà cambiare, sono i grandi a rovinare sempre tutto”. Il suo cammino verso il Bastione dei pescatori proseguì in attesa della prima esultanza del nuovo fuoriclasse e di quelle delle migliaia di ragazzini che sognano un giorno di diventare come lui, o di continuare a festeggiare come il loro idolo, in qualsiasi angolo del mondo.

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